La palermitana Valeria Lembo è morta a 34 anni di età il 29 dicembre del 2011. E’ stata malata di un linfoma alla spalla, di Hodgkin, dal nome del medico inglese Thomas Hodgkin che nel 1832 descrisse la malattia. La donna, appena madre di un bambino, giunse all’ultima seduta di
chemioterapia, ma anziché 9 milligrammi di vinblastina le fu iniettata in vena una dose 10 volte superiore, 90 milligrammi. Ecco la foto che testimonia l’errore sulla prescrizione, dei 90 mg anziché 9… E la donna morì al Policlinico “Paolo Giaccone” a Palermo dopo 22 giorni di agonia, e quando il suo bambino compì 7 mesi. Il 14 dicembre 2015, a Palermo, al palazzo di giustizia, la giudice monocratico del Tribunale, Claudia Rosini, ha condannato 5 dei 6 imputati. Adesso la Corte d’Appello, presieduta da Giacomo Montalbano, ha confermato la condanna a 4 anni e 6 mesi di carcere inflitta in primo grado all’ex primario di Oncologia medica Sergio Palmeri. Le condanne agli altri quattro imputati sono state in parte ridotte perché sono state riconosciute le attenuanti generiche: 4 anni e 4 mesi alla dottoressa Laura Di Noto. Poi 4 anni e 8 mesi allo specializzando, all’epoca, Alberto Bongiovanni. Poi 2 anni e 10 mesi all’infermiera professionale Clotilde Guarnaccia. E poi l’infermiera Elena Demma ha patteggiato la pena di 2 anni e 6 mesi. Si è in attesa delle motivazioni della sentenza d’Appello. A conclusione del processo in Tribunale, la giudice Claudia Rosini scrisse 277 pagine di motivazione e, tra l’altro, affermò: “E’ stato un assassinio in piena regola, la più grave colpa medica mai commessa al mondo, e dopo la quale gli imputati hanno solo pensato a negare qualsiasi assunzione di responsabilità, incolpandosi a vicenda della morte di Valeria Lembo. L’utilizzo del termine assassinio non è casuale, perché di questo si è trattato, avendo gli imputati cooperato a causare la morte di una paziente per avvelenamento somministrandole una dose di vinblastina dieci volte superiore a quello dovuto. Nelle sue vene furono iniettati a forza 90 milligrammi anziché 9 di vinblastina, per uno zero in più trascritto per errore in cartella e nonostante i numerosi campanelli d’allarme. Una dose di 90 milligrammi è compatibile con un pachiderma di 600 chili e non con una donna che pesava 52 chili. E Valeria Lembo chiese il perché di quella dose così eccessiva, preparata in una flebo e non in una siringa come nelle sedute precedenti. E l’infermiera le rispose: ‘è lo stesso’. Valeria tentò anche di interrompere la seduta mortale accusando il bruciore al braccio per la somministrazione, e la dottoressa si limitò solo a rallentare la somministrazione senza porsi alcuna domanda. Valeria Lembo aveva ben capito che stava andando incontro alla morte già l’11 dicembre, quando ancora quell’errore era taciuto dai medici, e rivolgendosi alla zia in lacrime le sue parole furono: ‘zia, sicuramente mi hanno sbagliato la chemio, me ne sono accorta’. Solo un ricambio completo del sangue, subito, avrebbe potuto dare una speranza alla paziente. Invece, per ben 5 giorni quell’errore fu mascherato come una gastrite post chemio, e lo zero in più fu cancellato da uno degli imputati”.