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Federico Fazio: un siculo-argentino alla conquista di Roma

Il soprannome “Il Comandante” ben si addice alla sua forza fisica e all’impronta che lascia sulla fase difensiva della sua squadra. Stiamo parlando di Federico Fazio, che ha disputato le stagioni migliori della sua carriera con la maglia della Roma, ma che ultimamente sembra piombato in una preoccupante involuzione. Nel momento in cui è sbarcato nella Capitale, in pochi si sarebbero aspettati una crescita del genere. Anzi, forse in pochissimi avrebbero mai pensato che sarebbe diventato un pilastro della difesa romanista.

L’arrivo a Roma del “Comandante”

Fin dall’inizio, però, erano ben noti a tutti i punti di forza di Fazio. Solidità, un fisico roccioso, un grande atletismo nel gioco aereo, con due discreti piedi nella fase di impostazione. Il lato debole derivava da una lentezza piuttosto accentuata, che, nel calcio d’oggi, rappresenta effettivamente un gran bel problema. Eppure il suo palmares prima di arrivare alla Roma era di quelli importanti, visto che poteva vantare una Supercoppa di Spagna, una coppa di Spagna, due Europa League e un oro a Pechino 2008 con la nazionale argentina. La coppia difensiva che è nata con Manolas era come un puzzle con due pezzi che si incastravano alla perfezione, dato che l’esuberanza atletica del greco si combinava alla grande con le caratteristiche di Federico Fazio.

I primi due anni a Roma

I primi due anni nella Capitale sono stati veramente di grande livello, in modo particolare nella prima stagione con Spalletti e il suo notevole tatticismo. Le prestazioni non eccelse accumulate nei due anni precedenti con Siviglia e Tottenham stavano lasciando spazio ad un giocatore nuovo, maturato, molto più forte, fino a diventare indispensabile per l’armata di Spalletti. Da quando, invece, ha fatto il suo esordio sulla panchina giallorossa mister Di Francesco, la storia è cambiata notevolmente, anche se all’inizio solamente i più attenti se ne sarebbero potuti accorgere. Anche lo stesso Fazio, probabilmente, non si è reso conto di come la difesa alta adottata dall’ex allenatore del Sassuolo poneva in serio dubbio tutti i dettami tattici che Spalletti aveva introdotto nelle stagioni precedenti. E anche in Fazio sono crollate tutte quelle certezze che aveva maturato nel primo anno nella Capitale. Le prestazioni di Federico Fazio, così, hanno avuto un andamento estremamente simile alle montagne russe: per quanto alcune partite siano state veramente devastanti (in senso positivo), altre l’hanno visto commettere errori e svarioni decisivi.

In modo particolare, a mettere in difficoltà il difensore argentino, in realtà, è stato proprio il riemergere di quei limiti che tanto ne avevano bloccato la crescita una volta giunto in Spagna, e poi in Inghilterra. La lentezza è diventato un punto eccessivamente debole, ma anche distrazioni e una superficialità diffusa nei passaggi e nel modo di stare in campo hanno causato una vera e propria involuzione. Purtroppo se ne è accorta anche l’Argentina, visto che nel Mondiale di un anno fa i francesi fecero a fettine la difesa dell’Albiceleste, prendendola sempre di infilata in velocità, con Mbappè che fece vedere i sorci verdi a tutti i difensori, Fazio in primis ovviamente. E a Roma ha continuato a riscontrare le stesse difficoltà, con Di Francesco che non ha mai smesso nemmeno per un secondo di credere la difesa alta fosse un punto di forza. Manolas, ad un certo punto, si è trovato in estrema difficoltà e non era più sufficiente. E il Comandante non avrebbe più potuto essere una valida spalla nella retroguardia della compagine giallorossa.

Gli inizi con la maglia del Ferro Carril Oeste

Uno stadio che è stato costruito proprio di fianco alla ferrovia e con un legame quasi difficile da estirpare con le antiche macchine a vapore: un freddo pungente durante l’inverno non impedisce a tutti i sostenitori di riversarsi in massa ad applaudire le gesta del Ferro Carril Oeste. E nel 2005 c’era un giocatore più alto rispetto a tutti gli altri: si tratta proprio di Federico Fazio. Il 6 agosto fece il suo esordio con la maglia del Ferro: in pochissimo tempo gli venne affibbiato anche il primo soprannome, ovvero il Flaco. Debutta a soli 18 anni nella Serie B argentina e in men che non si dica diventa un idolo del pubblico, nonché uno dei giocatori dal potenziale più folgorante, seguito da un buon numero di talent scout. Una squadra davvero molto giovane, considerando che il calciatore più “vecchio” aveva solamente 23 anni: una buona stagione, conclusa al quinto posto, in cui Fazio ha cominciato a disimpegnarsi al centro della difesa. Nonostante tutto, solo fino ad un paio di anni prima, Fazio giocava da centravanti, per merito ovviamente della sua altezza, ma si spostava anche in mezzo al campo, dato che aveva due piedi discreti. Nel 2007, esattamente a gennaio, si presentò il Siviglia con una di quelle offerte irrinunciabili per un club così piccolo come il Ferro: gli spagnoli staccarono un assegno da 800 mila euro e lo convinsero a trasferirsi in Spagna, dove ebbe alterne fortune.

Dalla Spagna all’Inghilterra

In Spagna, con la maglia del Siviglia, rimane addirittura per sette stagioni, riuscendo ad attirare l’attenzione di alcuni grandi club inglesi. L’obiettivo era quello di respingere ogni offerta possibile, almeno fino a quando non si presenta il Tottenham di Pochettino. Attualmente i londinesi, nonostante la sconfitta contro il Manchester City in campionato, hanno agguantato il quarto posto e la qualificazione alla prossima Champions e si giocheranno contro il Liverpool di Klopp la finale dell’edizione 2019.

La squadra allenata da Pochettino sborsa l’intera cifra della clausola rescissoria, 10 milioni di euro, una delle tante plusvalenze di Monchi. Un trasferimento voluto anche dallo stesso Fazio. Il problema è che, dopo nemmeno una stagione, Fazio torna alla base. Sì, perché nel mercato invernale del 2016, Pochettino dà il suo benestare alla cessione in prestito con diritto di riscatto al Siviglia, con cui però gioca solamente quattro partite. Poi, il passaggio alla Roma e la storia che tutti conosciamo, tra alti e bassi di una carriera in cui la continuità è stata la principale mancanza del roccioso difensore di origini argentine.

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