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Strage di migranti a Lampedusa: condannato comandante di un peschereccio che non soccorse il barcone

Il tribunale di Agrigento ha condannato a sei anni di carcere il Comandante di un peschereccio che la notte del 3 ottobre 2013 non avrebbe soccorso centinaia di migranti su un barcone che poi è naufragato causando la morte di 368 persone tra cui moltissimi bambini. Condannato anche l’intero equipaggio a quattro anni di carcere, sei persone in tutto. L’accusa ipotizzata dalla procura di Agrigento, Guidata da Luigi Patronaggio, è di omissione di soccorso. Il peschereccio Aristeus di Mazara del Vallo che stava pescando Quella Notte nelle acque antistanti Lampedusa sarebbe stata la sola barca che, secondo le rilevazioni del sistema satellitare di controllo del mare, era in quelle acque nell’ora del naufragio. L’indagine si è fondata sulle dichiarazioni dei 152 superstiti che fin dall’inizio hanno affermato che una o due barche, quella notte si sono avvicinate mentre erano alla deriva.

Gli uomini dell’equipaggio di quel peschereccio interrogati dal pm Andrea Maggioni e dal procuratore capo Luigi Patronaggio, hanno sempre negato ogni responsabilità. Sei anni al Comandante Matteo Gancitano, e quattro anni ciascuno al suo vice Vittorio Cusumano e ai componenti dell’equipaggio, Alfonso Di Natale e quattro nordafricani componenti l’equipaggio. Di due navi fantasma avevano raccontato alcuni superstiti intervistati dopo il disastro dall’Agenzia Habeshia: “Erano due navi grandi, di colore chiaro e della stazza di una motovedetta o di un peschereccio d’altura. Navigavano in coppia a poche centinaia di metri da noi, verso il largo. La nostra barca era ormai a meno di un chilometro dalla riva. Una delle due navi ha cambiato direzione, facendo un largo giro completo intorno al nostro barcone stracarico e poi ha ripreso velocemente la rotta, raggiungendo l’altra che si stava allontanando.

Alcuni di noi, convinti che non ci avessero avvistato, hanno pensato di segnalare la nostra presenza dando fuoco a una coperta intrisa di gasolio. C’è stata una fiammata enorme che ha innescato un principio d’incendio. A quel punto, centinaia di persone, spaventate, si sono precipitate d’istinto sul lato opposto del ponte. E’ così che il barcone ha perso l’assetto: si è rovesciato ed è andato a fondo”. Oggi è arrivata la sentenza emessa dal Tribunale di Agrigento che ha accolto Le richieste del procuratore Luigi Patronaggio e del pm Gloria Andreoli.

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