Altri dettagli nell’ambito dell’inchiesta che ha provocato l’arresto del boss Leo Sutera, presunto capo di Cosa Nostra agrigentina.
Leo Sutera è stato, e recentemente lo è stato ancora di più, prudente, accorto e, forse, anche ossessionato dal timore di essere intercettato e controllato a distanza. E, intercettato, ad un suo amico avrebbe ripetuto: “La Sicilia è tutta controllata” . E la prudenza non è mai troppa: e Leo Sutera, nel marzo scorso, avrebbe viaggiato fino a Palermo per comprare in un negozio in via Alcide De Gasperi un rilevatore delle frequenze delle forze dell’ordine e di microspie, che poi è saltato fuori da un cassetto durante la perquisizione dei poliziotti delle Squadre Mobili di Agrigento e Palermo a casa sua. E con tale rilevatore Leo Sutera avrebbe bonificato la sua automobile e anche l’auto di un altro uomo suo fiancheggiatore. E se Leo Sutera dalle microspie ha tentato di proteggersi, nulla ha potuto invece contro i collaboratori della giustizia. Il 7 luglio del 2016 i Carabinieri hanno arrestato Vito Bucceri, inteso “Bucittuni”, 46 anni, bracciante agricolo, capo della famiglia mafiosa di Menfi, nell’ambito dell’inchiesta antimafia cosiddetta “Opuntia”. Il 5 agosto Vito Bucceri si è presentato alla Procura di Palermo ed ha annunciato la sua volontà di collaborare con la Giustizia. Il 18 agosto Bucceri ha firmato il primo verbale, e svuotando il sacco ha investito anche Leo Sutera. Nel frattempo il professore Sutera è stato in balia delle onde giudiziarie e processuali. Infatti, il prossimo 13 novembre, innanzi alla Corte d’Appello di Palermo, si svolgerà il terzo processo d’Appello a carico di alcuni imputati agrigentini nell’ambito dell’inchiesta antimafia “Nuova Cupola”. Si tratta di 9 imputati per i quali la Cassazione lo scorso 27 marzo ha disposto l’annullamento della sentenza di condanna con rinvio alla Corte d’Appello, al fine di riscontrare o meno alcune aggravanti. E tra i 9 in attesa vi è Leo Sutera. E lui, già condannato a 3 anni, ha riflettuto: “Basta, scappo”. Infatti, ancora intercettato appena dopo una udienza, con un suo amico si sarebbe sfogato così: “Appena finisce questa storia me ne vado pure io. Me ne voglio andare all’ estero, non ci voglio stare più qua. Ci scassano la minchia continuamente, posso contrastare con loro? In Romania, vado in Ungheria. In Ungheria sono persone serie, compro una casa e vado a stare con mia moglie, mia moglie con la pensione, tutti e due in pensione…ti saluto!”. Ecco perché Leo Sutera adesso è stato sottoposto a stato di fermo, che è una misura cautelare urgente, che scavalca il tempo necessario per la ordinaria trafila dell’arresto. Leo Sutera sarebbe stato al timone di Cosa Nostra agrigentina, forte del suo presunto rapporto personale con Matteo Messina Denaro, amico di famiglia, perché il padre di Messina Denaro, Francesco, e il padre di Leo Sutera, Leonardo, sono stati storicamente amici. Leo Sutera si sarebbe occupato soprattutto di appalti, anche nel suo paese, Sambuca di Sicilia, “Il borgo più bello d’Italia”, dove sarebbe stato interessato, tra l’altro, al progetto de “Il paese albergo”, ovvero fondi per riqualificare il centro storico destinandolo alla ricezione turistica. L’autista di Sutera, intercettato, avrebbe definito Leo Sutera “u patri ranni (il grande padre) di Sambuca di Sicilia”.