Ecco il testo integrale:
La Scala dei Turchi, bizzarra realtà paesaggistica siciliana, è luogo divenuto celebre grazie anche agli scritti di Andrea Camilleri. Essa è situata in territorio di Realmonte, ma a giovarsene turisticamente sono in gran parte la vicina Porto Empedocle, dove lo scrittore nacque, e Agrigento, città capoluogo.
Su questi candidi gradini naturali, modellati dalle brezze marine che incessantemente scavano, scolpiscono, spianano, lisciano la marna di cui è ricco questo tratto di costa, vuole la leggenda che un tempo si arrampicassero i “turchi” per le loro razzie. Ora anche quest’angolo di Trinacria sembra venire giù a pezzi. Causa le piogge di un piovosissimo autunno, certo, ma causa anche la cementificazione che tutt’intorno alla Scala negli ultimi anni è venuta a materializzarsi.
È un caso che questo gioiello naturale in rovina ricada in territorio di Agrigento, la città che nonostante goda di un patrimonio archeologico tra i più vasti del mondo, risulta essere ultima, in Italia, per qualità di vita? Claudio Lombardo, instancabile animatore di Mareamico per la provincia di Agrigento, lo dice da tempo: le vibrazioni causate dalla circolazione dei mezzi pesanti sulla strada costruita proprio in cima alla Scala dei Turchi, le deviazioni delle acque piovane causate dalle recenti cementificazioni, le enormi e incontrollate masse di visitatori del periodo estivo, concorrono al disastro ambientale.
Scala dei Turchi: proprio perché così bianca, così immacolata, questa parte di litorale la si è voluta suggestivamente associare a loro, ai neri invasori di un tempo, per sottolinearne il contrasto e accentuare la terribilità suscitata dalla parola “turco”, contrapposta al bianco, indifeso tratto di costa, così simile alle scogliere di Dover. “Mamma li turchi!” si urlava una volta lungo le coste della Sicilia. Quale può essere, oggi, il grido d’allarme? E chi sono i devastanti assalitori?