In un caso un cliente titolare di una carta di credito revolving (una carta, cioè, che permette di pagare a rate mensili i propri acquisti), concessa da un noto istituto finanziario senza un regolare contratto ha ottenuto a seguito di un azione diretta la restituzione di circa 7.000 euro a fronte di un presunto debito di oltre euro 5.000.
Negli altri due casi il Tribunale di Agrigento accogliendo la tesi dei difensori Pier Luigi Cappello e Giuseppe Accolla ha riconosciuto l’illegittimità dei contratti di apertura di credito in conto corrente per aver la banca applicato in un caso interessi usurari e nell altro interessi ultralegali e conseguentemente ridotto notevolmente il debito residuo e condannato i rispettivi istituti di credito al pagamento delle spese legali.
“Ancora una volta – commentano i legali, Cappello e Accolla -, tre diverse sentenze sanciscono come molto spesso i contratti bancari non abbiano i requisiti formali di validità previsti dal testo Unico Bancario. L’invito è sempre quello di non sottovalutare ogni atto ricevuto, che va ritirato ed affidato, per l’esame e la ricerca di possibili soluzioni a professionisti seri e coscienziosi. I legali concludono affermando che in molti casi i clienti apparenti debitori sono invece titolari di un diritto di credito.