L’avvocato Lillo Fiorello, difensore di fiducia: “A Roberto Di Mauro non si contestano ipotesi corruttive, tra tangenti o utilità varie. Solo una turbativa d’asta”.
L’avvocato Lillo Fiorello è stato nominato difensore di fiducia dal deputato regionale, Roberto Di Mauro, indagato nell’ambito dell’inchiesta della Procura della Repubblica di Agrigento su appalti presunti truccati e pilotati. Fiorello ha diffuso un intervento tramite cui intende innanzitutto precisare che a Di Mauro non si contestano affatto ipotesi di reato di corruzione, e quindi di avere intascato tangenti o di avere beneficiato di altre utilità. Invece, all’ex assessore regionale si addebita una sola ipotesi di turbata libertà degli incanti in un contesto associativo. Nel dettaglio, e con esattezza, l’avvocato Fiorello scrive: “Nella qualità di difensore dell’onorevole Roberto Di Mauro, in relazione all’inchiesta sugli appalti truccati in provincia di Agrigento, poichè sono state pubblicate notizie non corrispondenti al vero, preciso anzitutto che l’onorevole Di Mauro non è sottoposto ad indagini per ipotesi corruttive, nè gli si contesta di avere ricevuto tangenti o qualsiasi altra utilità. Forma oggetto di comunicazione un’unica ipotesi di turbata libertà degli incanti nell’ambito di un asserito contesto associativo. Da tale ipotesi, l’onorevole Di Mauro si dichiara estraneo e fiducioso che lo sviluppo delle indagini confermerà la correttezza del suo operato”. Punto. Sostanzialmente a Di Mauro si addebitano interferenze illecite sull’appalto da 37 milioni di euro relativo alla ristrutturazione della rete idrica di Agrigento in concorso con il suo segretario particolare Giovanni Campagna, con l’imprenditore e sindaco di Maletto, Giuseppe Capizzi, e con Sebastiano Alesci, ex capo dell’Ufficio tecnico comunale di Licata. Nel frattempo, a causa di un difetto di notifica, è stata rinviata a lunedì prossimo la nomina dei periti incaricati dalla Procura di Agrigento di estrarre i dati ritenuti di rilevanza investigativa dai telefoni cellulari e dai supporti informatici sequestrati nel corso delle perquisizioni a sei dei quattordici indagati.