Da un’inchiesta della Procura e della Guardia di Finanza di Palermo è emerso che la gestione di ingenti appalti nella sanità siciliana sarebbe stata in mano a un comitato d’affari criminale composto da dirigenti pubblici, lobbisti, imprenditori del settore di livello nazionale e loro collaboratori legati da contiguità con esponenti politici di rilievo. Le Fiamme Gialle hanno eseguito misure cautelari per 10 indagati. I magistrati ipotizzano turbative d’asta di gare per 130 milioni di euro. A vario titolo si contestano i reati di corruzione, turbata libertà degli incanti, turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Per avvantaggiare le imprese amiche i pubblici funzionari coinvolti avrebbero anticipato ai loro referenti documentazione riservata relativa a gare ancora da bandire, avrebbero costruito capitolati su misura sulla base delle indicazioni ricevute dagli interlocutori, finanche annullando i bandi non graditi alle stesse imprese. L’inchiesta ha anche svelato manovre volte a condizionare la formazione delle commissioni aggiudicatrici, inserendo componenti ritenuti “affidabili”. In cambio di ciò, ai pubblici ufficiali sarebbero state date o promesse tangenti collegate al valore delle commesse e, talvolta, mascherate da accordi di consulenza, o sarebbero stati garantiti loro favori come assunzioni di familiari.