L’evoluzione dell’inchiesta, fino all’ergastolo, sull’omicidio di Lorena Quaranta, uccisa dal compagno. La perizia psichiatrica a fronte delle tesi difensive.
La Corte d’Assise di Messina, dopo 6 ore di camera di consiglio, ha emesso sentenza. Così come proposto dal pubblico ministero, Roberto Conte, ha condannato all’ergastolo Antonio De Pace, 29 anni, l’infermiere calabrese che la notte del 31 marzo del 2020 ha ucciso la fidanzata, il medico Lorena Quaranta, 27 anni, di Favara, nella loro casa a Furci Siculo. La difesa di Antonio De Pace ha ottenuto che lui fosse sottoposto ad una perizia psichiatrica, perché – ha spiegato – all’epoca di quanto accaduto De Pace sarebbe stato vittima di una significativa condizione ansiosa legata alla preoccupazione di essere contagiato dal covid. Sul fronte opposto, disposta dai giudici della Corte, è stata eseguita un’altra perizia psichiatrica affidata al professor Stefano Ferracuti, ordinario di Psichiatria e Criminologia all’Università “La Sapienza” di Roma. A richiedere la perizia è stato il pubblico ministero, a seguito del deposito della perizia di parte della difesa dell’imputato, rappresentata dai legali difensori Bruno Ganino e Salvatore Silvestro. Ebbene dalla perizia psichiatrica è emerso che De Pace è imputabile in quanto non è incapace di intendere e di volere. Tra l’altro nel referto si legge: “Antonio De Pace non presenta elementi clinicamente rilevanti tali da configurare un quadro nosograficamente definito in ambito psichiatrico. La personalità del signore presenta evidenti aspetti ansiosi ma non ha una anamnesi di disturbi psichiatrici. All’epoca dei fatti era presente una importante condizione ansiosa, con un vissuto personale di oppressione e idee di riferimento, ma tale condizione non raggiunge i criteri per poter essere considerata malattia in senso medico legale tale da ridurre grandemente o escludere la capacità di intendere o volere”. Dunque, la Corte d’Assise ha sancito che De Pace è stato capace di intendere e di volere quando ha picchiato e poi stretto le mani al collo della sua donna per strangolarla. E ciò a seguito di un banale litigio avvenuto la sera prima. L’infermiere ha poi tentato il suicidio, e si è procurato dei tagli. Poi ha telefonato ai Carabinieri e si è trincerato in un silenzio impenetrabile. Poi ha affermato, poco credibile e smentito dagli esami effettuati, di avere ucciso la ragazza perché convinto di avere contratto il covid a causa di lei. Lorena Quaranta si sarebbe laureata a breve, con una tesi già pronta in Pediatria. Ecco perché dopo la morte l’Università di Messina l’ha proclamata dottoressa in Medicina e Chirurgia, con la votazione di 110 e lode. Il legale della famiglia Quaranta, l’avvocato Giuseppe Barba, commenta lapidario: “Giustizia è fatta”. I giudici hanno disposto il pagamento ai familiari di Lorena di una provvisionale immediatamente esecutiva di circa 200mila euro. La Procura di Messina ha contestato l’aggravante della premeditazione perché De Pace avrebbe inviato alcuni messaggi ai parenti più stretti manifestando la volontà di trasferire i propri risparmi ai nipoti. La Corte d’Assise ha invece escluso tale aggravante.