I dettagli sul perchè del ricovero di Matteo Messina Denaro nel reparto Urologia dell’ospedale de L’Aquila. Il rapporto del boss con la malattia, tra messaggi chat e intenzioni di suicidio.
L’idronefrosi non è altro che l’accumulo di urina nel rene. E ciò perchè è ostruita una delle vie che normalmente si occupano di espellere l’urina dai reni. In tal caso occorre procedere ad un drenaggio dei reni. Ecco in estrema sintesi, e in termini più che potabili, la patologia per la quale Matteo Messina Denaro è stato trasferito dal carcere di massima sicurezza “Costarelle” de L’Aquila, dove è detenuto al 41 bis, all’ospedale della città, il “San Salvatore”. Dunque l’operazione non sarebbe collegata al tumore al colon diagnosticato al boss nel 2020 e per il quale si sottopone alla chemioterapia. Secondo le previsioni dei sanitari, “U siccu” sarà ricoverato non più di due giorni. La zona è blindata, e lo sforzo organizzativo è teso non solo alla sicurezza ma anche nell’ambito prettamente sanitario. Oltre ai medici, infatti, sarebbe attiva anche una task force di operatori abituati a fronteggiare situazioni così delicate. A visitare Messina Denaro saranno anche degli oncologi, per un controllo ordinario a fronte della stazionarietà del tumore al colon. L’agenzia Ansa scrive, citando fonti sanitarie e carcerarie, che “Il boss è ben aggrappato alla vita e sta lottando come un leone per sconfiggere il male”. E il male di Messina Denaro è stato la causa del suo male, ovvero l’impronta emersa e poi seguita dai Carabinieri per stanare il latitante dal 1993. Infatti, lo scorso 6 dicembre i Carabinieri del Ros sono stati impegnati a piazzare delle microspie a casa della sorella di lui, Rosalia Messina Denaro, a Castelvetrano, dove dimora da sola, in via Alberto Mario. E hanno scoperto un “pizzino” all’interno della gamba di una sedia in alluminio. Lo hanno fotografato e poi rimesso dove era. Si tratta di un appunto contenente dati sulle condizioni di salute di Messina Denaro, una sorta di “diario clinico” di un malato di cancro. Da tali indizi si è giunti ad Andrea Bonafede, alter ego del boss, il paziente affetto da tumore, e alle cure alla clinica “La Maddalena” a Palermo, dove il 16 gennaio il capomafia è stato arrestato. Matteo Messina Denaro ha manifestato un atteggiamento non affatto rassegnato verso la malattia. E, anzi, è stato di conforto anche per gli altri, come per un’amica conosciuta in clinica a Palermo, una collega della chemioterapia. E in un messaggio chat così lui si è rivolto a lei: “Cara, nella mia vita ho avuto momenti terribili, anche se non si vede. E non parlo del tumore. E quindi so per esperienza che quando si sta male, come stai male tu ora, non si deve parlare: perché so che tu non vuoi sentire. Ma pur volendo tacere, per rispettare questo tuo momento, una cosa te la voglio dire: e parlo solo perché ho già vissuto questo tuo momento. Io ho subito un intervento pesante, 5 ore e 40 minuti. Speravo fosse tutto finito, e invece mi hanno dovuto operare di nuovo. Altre 6 ore e 30 minuti. Poi la chemio. Che voglio dire? Che dopo tutto questo sono qua. Ci sono ancora. Il tuo percorso è simile al mio. Dobbiamo soffrire ma ce la farai. Scusami, ma io non voglio tue risposte… quando ti sentirai io ci sarò”. E poi, in un altro messaggio, così Messina Denaro si rivolge ancora a lei e la rincuora così: “Lo so che hai le palle, so riconoscere i miei simili, di te l’ho capito in un nanosecondo. E non ci conoscevamo ancora. Ti udivo, ti guardavo, ascoltavo, comprendevo chi eri sentendoti parlare con gli altri. Subito pensai: questa è un tipo”. E poi, ancora in riferimento al rapporto con la malattia, è alquanto indicativo ciò che, ancora latitante, Matteo Messina Denaro ha scritto in un pizzino alla sorella Rosalia: “Non morirò di tumore, appena non ce la faccio più mi ucciderò a casa e mi troverai tu. Ti dirò quando arriverà il momento”.