A Palermo, il 14 gennaio 2016, al palazzo di giustizia, la Corte d’Appello, nell’ambito dell’ inchiesta antimafia nell’Agrigentino cosiddetta “Dna”, ha condannato a 6 anni di carcere Salvatore Romeo, 58 anni, di Porto Empedocle, e Domenico Seddio, inteso Nico, 43 anni, anche lui di Porto Empedocle, a 11 anni e 8 mesi di reclusione (in prosecuzione con il processo Akragas perchè altrimenti sarebbero stati 4 anni e 6 mesi). I due imputati sono accusati di associazione mafiosa per essere stati parte della famiglia di Porto Empedocle nell’interesse di Gerlandino Messina. Si tratta del secondo processo d’Appello dopo un annullamento con rinvio dalla Cassazione per rideterminare, riducendola, la condanna escludendo l’ aggravante del riciclaggio delle risorse mafiose. Ebbene, adesso la Cassazione ha imposto il sigillo definitivo alla sentenza di condanna di Romeo, e i poliziotti del commissariato “Frontiera” di Porto Empedocle, capitanati da Cesare Castelli, su ordine della Procura Generale presso la Corte d’Appello di Palermo, lo hanno prelevato e lo hanno trasferito in carcere, al “Petrusa”, dove sconterà la pena residua di 2 anni e 5 mesi, perché una parte, 3 anni e 6 mesi, è già stata scontata come custodia cautelare nelle more della definizione del giudizio. Salvatore Romeo è stato arrestato il 25 ottobre del 2011, il giorno del blitz battezzato “Dna”, perché gli inquisiti sono imparentati tra di loro. Infatti, Domenico Seddio e Salvatore Romeo sono cugini, poi la moglie di Francesco Luparello, di Realmonte, arrestato all’epoca, è prima cugina di Filippo Focoso, di Realmonte, fratello dell’ergastolano Joseph, e anche lui arrestato nel 2011. E poi la madre della moglie di Francesco Luparello è cugina della madre di Gerlandino Messina. Il 3 ottobre 2013 la Corte d’Appello di Palermo ha confermato la sentenza di assoluzione emessa in primo grado a favore sia di Francesco Luparello, 41 anni, che di Filippo Focoso, 45 anni. E in bilico innanzi ai giudici sono stati sospesi solo gli altri due, Seddio e Romeo. Ecco perché è a lavoro il terzo e ultimo grado di giurisdizione, la Cassazione.