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Falcone secondo Genchi (video)

I rapporti sociali di Giovanni Falcone, il giorno della strage, i due telecomandi usati per l’attentato di Capaci, e l’obiettivo dell’agguato: il racconto dell’avvocato Gioacchino Genchi.

Gioacchino Genchi

Gioacchino Genchi, l’avvocato Genchi, è nato a Castelbuono in provincia di Palermo il 22 agosto del 1960. E’ un informatico, avvocato, poliziotto e funzionario. Ha collaborato con Giovanni Falcone, ha conosciuto la moglie Francesca Morvillo, e si è occupato delle indagini sulla strage di Capaci, soffermandosi, in particolare, sui mandanti occulti. E a cavallo del 28esimo anniversario del cosiddetto “attentatuni”, come lo hanno definito i corleonesi di Riina, in riferimento ai rapporti sociali di Giovanni Falcone ha raccontato: “Falcone aveva il ‘turbo’ e sapeva essere oculato e attento nelle scelte, anche perché quando tornava a casa sapeva che si confrontava con una donna intelligente che era anche un magistrato. Con la massima franchezza, io penso che gli unici due veri amici magistrati di Giovanni Falcone siano stati Francesca Morvillo e Paolo Borsellino; perché per il resto, nella sua categoria, al di là delle foto che vediamo in tanti studi di magistrati, posso garantire che quando Falcone era in vita non c’era assolutamente questo grande amore e considerazione per quell’uomo che era detestato, odiato e invidiato da tutti”. Poi, ricordando il 23 maggio del 1992, Genchi ha ancora raccontato a “Ilsicilia.it”: “Purtroppo dopo 28 anni quelle immagini sono rimaste scolpite nella mia mente. Le stragi hanno cambiato la mia vita e hanno determinato anche il mio destino personale e professionale. Io quel 23 maggio 1992 ero nella mia casa in campagna. Appena seppi la notizia, tentai di accorrere nel luogo, ma non arrivai a Capaci. Mi spostai all’ospedale Civico: Giovanni Falcone era già morto, Francesca Morvillo era ancora in vita. Tentarono l’amputazione della gamba, che era ormai compromessa. Un intervento quasi impossibile. Poco dopo morì”. Poi, sulla presunta presenza di due telecomandi dell’esplosivo a Capaci, e non solo di quello nelle mani di Giovanni Brusca, l’avvocato Gioacchino Genchi ha confermato così: “Io l’ho sempre sostenuto dal primo momento. Le mie indagini portavano in questa direzione… poi mi hanno bloccato. Il vertice di Cosa Nostra, i corleonesi, non avevano la capacità organizzativa, militare, strategica, di intelligence, per organizzare un attentato come la strage di Capaci. L’elemento principale non era l’esplosivo utilizzato, ma le informazioni su quando e come Falcone sarebbe arrivato da Roma a Palermo. Falcone viaggiava in un aereo dei Servizi segreti col piano di volo coperto da Segreto di Stato. Non doveva e non poteva saperlo nessuno. Chi lo ha saputo, l’ha saputo dagli apparati dello Stato. Infatti le telefonate che io ho trovato partivano da Roma. L’obiettivo era impedire l’elezione di Andreotti a Presidente della Repubblica. La politica estera di Andreotti in quel momento era ostile agli Stati Uniti d’America. Quindi la strage è stata congegnata in quel modo, in quel luogo e in quella data, solo con quello scopo. Come si entra a gamba tesa? Con una strage che ha avuto un effetto deflagrante: la fine della Prima Repubblica, della Democrazia Cristiana, dei partiti tradizionali e l’avvento di un nuovo corso politico che abbiamo visto quale essere stato. La mafia è stata usata per lasciare il marchio, il bollino di chi l’aveva fatta. Quelli erano dei pecorai… Giovanni Brusca non lo aveva mai preso un telecomando in vita sua! A loro hanno dato l’impressione di avere premuto. Di loro servivano quelle cicche di sigaretta, fatte trovare e analizzate dall’FBI, per dare il marchio di origine a quella strage. Cosa Nostra si è prestata a quel gioco, ma per loro è stata la fine, perché con quella strage hanno fatto l’errore peggiore della loro vita: sono stati truffati da chi li ha portati in quella collinetta di Capaci a recitare la parte. Quelli erano dei figuranti, erano degli attori, perché i veri protagonisti di quella strage non sono mai emersi. Quei mafiosi, pecorai, assassini la strage l’hanno fatta, ma il congegno, l’organizzazione, la predisposizione, lo studio, la scelta, il momento, il perché, serviva ad altri. I mafiosi si sono prestati a recitare la comparsa”.

Angelo Ruoppolo
Angelo Ruoppolohttps://www.teleacras.it
Giornalista professionista, di Agrigento. Nel febbraio 1999 l’esordio televisivo con Teleacras. Dal 24 aprile 2012 è direttore responsabile del Tg dell’emittente agrigentina. Numerose le finestre radio – televisive nazionali in cui Angelo Ruoppolo è stato ospite. Solo per citarne alcune: Trio Medusa su Radio DeeJay, La vita in diretta su Rai 1, Rai 3 per Blob Best, Rai 1 con Tutti pazzi per la tele, Barbareschi shock su La 7, Rai Radio 2 con Le colonne d’Ercole, con Radio DeeJay per Ciao Belli, su Rai 3 con Mi manda Rai 3, con Rai 2 in Coast to coast, con Rai 2 in Gli sbandati, ancora con Rai 2 in Viaggio nell'Italia del Giro, con Striscia la notizia su Canale 5, con Radio 105 nello Zoo di Radio 105 e Rebus su Rai 3. Più volte è stato presente e citato nelle home page dei siti di Repubblica e di Live Sicilia. Il sosia di Ruoppolo, Angelo Joppolo, alias Alessandro Pappacoda, è stato il protagonista della fortunata e gettonata rubrica “Camera Zhen”, in onda su Teleacras, e del film natalizio “Gratta e scappa”, con una “prima” affollatissima al Cine Astor di Agrigento. I suoi video su youtube contano al giugno 2023 quasi 30 milioni di visualizzazioni complessive. Gli sono stati assegnati diversi premi tra cui: "Sipario d'Oro", "Alessio Di Giovanni", "Mimosa d'Oro", "Pippo Montalbano". Indirizzo mail: angeloruoppolo@virgilio.it
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