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Altri particolari nell’ambito dell’inchiesta cosiddetta “Xydi”

Emergono altri particolari nell’ambito dell’inchiesta antimafia cosiddetta “Xydi”. Il boss Giuseppe Falsone, conversando in carcere con il suo difensore, l’avvocatessa Angela Porcello, rileva la necessità di una guida sociale, per evitare l’insorgere del banditismo che, altrimenti, (sono parole di Falsone) “sarebbe micidiale”. Falsone cita l’esempio del carciofo e della pianta di vite. “Se lei da un colpo di zappa al carciofo, toglie il carciofo ma spuntano 20 carduna. Se lei da un colpo di zappa alla pianta di vite, al suo posto crescono 10 barbatelle”. E poi, ancora, a Canicattì, un pregiudicato autore di un furto in un bar non autorizzato, sarebbe stato condotto innanzi al boss Calogero Di Caro, e costretto ad inginocchiarsi implorando pietà per se stesso e per la moglie. E poi, i due poliziotti coinvolti nelle indagini, per accesso abusivo al sistema informatico della Polizia e rivelazione di notizie riservate, sono Giuseppe D’Andrea e Filippo Pitruzzella, entrambi in servizio al Commissariato di Canicattì. In particolare Pitruzzella si sarebbe prestato anche a ricevere delle annotazioni di servizio da parte dell’avvocatessa Porcello tendenti ad indirizzare le indagini verso clan contrapposti ai clan ed agli affiliati da lei stessa difesi. Infine, altre indagini sono in corso in riferimento ad un agente di polizia penitenziaria in servizio ad Agrigento che avrebbe favorito l’avvocatessa Porcello consentendole il possesso del cellulare durante gli incontri con i detenuti ed informandola di imminenti trasferimenti in altre carceri.

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