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Il fratello di Totò Riina resta in carcere a Torino

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Niente detenzione domiciliare o differimento della pena causa “infermità” per Gaetano Riina, fratello del boss Totò: lo ha deciso il tribunale di sorveglianza di Torino, che ha respinto un’istanza del suo legale. Gaetano Riina, che ha 87 anni, è detenuto nel carcere delle Vallette, alle porte del capoluogo piemontese, con un fine pena che secondo quanto si apprende è fissato per il 2023.
Gaetano Riina è detenuto nel carcere delle Vallette in regime di alta sorveglianza. La pena che sta scontando gli è stata inflitta dalla Corte d’appello di Napoli per avere partecipato a un’associazione di stampo mafioso. Ha dei problemi di salute (è stato anche ricoverato per un mese nel reparto detenuti dell’ospedale Molinette) che, secondo una prima interpretazione della pronuncia del tribunale, sono state giudicate compatibili con la reclusione nella struttura torinese.

Vanno a un compleanno e tornano positivi al Covid 19

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Sei residenti a San Giuseppe Jato sono positivi al Coronavirus. Lo ha comunicato il sindaco Rosario Agostaro. I sei hanno partecipato ad una festa per un diciottesimo compleanno. Tra i positivi i parenti di un bimbo di 28 giorni che è stato ricoverato all’ospedale Cervello. Anche il piccolo è risultato positivo. Tra i positivi anche un dipendente di un locale che si trova tra San Giuseppe Jato e San Cipirello.
Il ristorante è chiuso. “Ho il dovere di comunicarvi che l’Asp mi ha informato che 6 nostri concittadini sono positivi al Covid-19. Allo stato attuale le persone non sono ospedalizzate ma in isolamento domiciliare presso le loro abitazioni – ha detto il sindaco – L’Asp ha attivato tutte le procedure per il tracciamento delle persone che possono essere venute in contatto con i soggetti interessati”.

Lions Club Agrigento Host e Leo Club ricordano Livatino con un cineforum

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A distanza di 30 anni da quel maledetto 21 Settembre del 1990, quando, presso la SS. 640 Agrigento – Caltanissetta in contrada “Gasena” venne ammazzato dalla mafia il giudice Rosario Angelo Livatino, Magistrato operante nella Procura della Repubblica di Agrigento, il Lions Club Agrigento Host e il Leo Club Agrigento Host hanno deciso di onorarne il martirio. Il 19 Settembre, infatti, alle ore 18:30, presso l’ex Chiesa San Pietro (Spazio Temenos) ad Agrigento, si terrà (con un numero riservato ad un massimo di 50 posti per ragioni dovute al “Covid-19”) un cineforum. Sarà proiettato il docufilm di Davide Lorenzano “Il Giudice di Canicattì” e subito dopo seguirà un dibattito sulla figura del giovane magistrato ucciso nell’atto di adempiere al proprio dovere. La Prof.ssa Barbara Capucci (Presidente del Lions Club Agrigento Host) e il Dott. Giuseppe Castelli (Presidente del Leo Club Agrigento Host) dichiarano: «Riteniamo cruciali e nevralgici eventi di questo calibro, soprattutto per associazioni come le nostre che hanno il compito di contribuire al miglioramento della società!» e aggiungono «la cultura, il senso di legalità sono tematiche che abbiamo deciso di mettere al centro della nostra annuale attività da Presidenti; il ricordo e le figure come Rosario Livatino, nostro conterraneo, devono smuovere le coscienze di questa terra, ma, soprattutto, devono essere di esempio per tutta la società!…».
Oltre ad essere state invitate le più alte autorità della provincia, ad intervenire saranno: il Prof. Giuseppe Palilla (Presidente dell’Associazione “Amici del Giudice Rosario Angelo Livatino”), Davide Lorenzano (Regista del docufilm “Il Giudice di Canicattì”), Marilisa Della Monica (Coordinatrice di redazione de “L’Amico del Popolo”) e il Dott. Luigi D’Angelo (Presidente Emerito del Tribunale di Agrigento).

Nessuna truffa all’Inps, assolti quattro palmesi

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“Non truffarono l’Inps con falsi posti di lavoro”. Assoluzione perchè il fatto non sussiste: il giudice monocratico del tribunale di Agrigento, Andrea Terranova, con questa formula ha scagionato quattro imputati dall’accusa di truffa aggravata ai danni dell’Inps.
Si tratta di Gioacchino Peritore, Francesco Sallia, Pietro Restivo e Salvatore Lumia. I quattro imputati, che sono stati difesi dall’avvocato Francesco Scopelliti, erano accusati di avere raggirato l’istituto di previdenza attraverso la simulazione di alcuni posti di lavoro alle dipendenze di un’azienda agricola che sarebbe servita per lucrare sull’indennità di disoccupazione.
I fatti del processo, che ipotizzava a carico degli imputati un raggiro ai danni dell’istituto di previdenza per svariate migliaia di euro, risalgono a tre anni fa. Peritore, titolare di un’azienda agricola con sede a Palma, aveva ingaggiato come braccianti agricoli gli altri tre imputati.
Un’ispezione dell’Inps, tuttavia, si concluse con una doppia contestazione. Da una parte il procedimento amministrativo che ipotizzava un rapporto di lavoro inesistente perchè, dagli accertamenti svolti, sarebbe emersa l’assoluta inesistenza del vincolo di subordinazione tanto che il contratto di lavoro stipulato era stato dichiarato nulla. Al tempo stesso era stata trasmessa una dettagliata informativa alla Procura della Repubblica perchè si riteneva che la simulazione dei posti di lavoro avesse raggirato l’Inps che poi, a conclusione del rapporto di lavoro aveva erogato ai tre lavoratori l’indennità di disoccupazione ritenuta illegittima.

Il giallo di Gessica Lattuca a una svolta

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Gessica Lattuca

Il giallo è ormai a una svolta. Ci vorranno trenta giorni per sapere qualcosa di più su alcune tracce ematiche rinvenute all’interno dell’abitazione del padre di Gessica Lattuca, ragazza scomparsa misteriosamente due anni fa da Favara. Il reparto investigazioni scientifiche dei carabinieri di Messina ha effettuato nelle scorse settimane, su disposizione della Procura di Agrigento, ulteriori accertamenti su una palazzina nel centro storico di Favara. L’abitazione è del padre di Gessica, ma nel periodo in oggetto è stata nella disponibilità del fratello maggiore della ragazza,Enzo.

Abbandonavano e bruciavano rifiuti al Caos, indagini concluse per sei

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La capitaneria la chiamò Operazione “Kaos calmo”: otto telecamere per trenta giorni al boschetto e l’obiettivo ha immortalato decine di furgoni di negozi di ogni tipo – alimentare ma non solo – che scaricavano rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi.
I video agli atti dell’inchiesta sono impietosi. Si vedono i furgoni arrivare nei pressi del piazzale, di proprietà del demanio, e i conducenti scaricare pesce, ortaggi, mobili e tanto altro ancora. Poi, in molti casi, si appiccava l’incendio. La vicenda, adesso, approderà presto in aula per il processo. Il pubblico ministero Paola Vetro ha fatto notificare l’avviso di conclusione delle indagini nei confronti di sei persone: Mario Mezzano, 71 anni; Giuseppe Daino, 52 anni; Margherita Freddoneve, 28 anni; Alessandro Gangarossa, 33 anni; Raffaele Iacono Quarantino, 39 anni e Alfonso Carbone, 43 anni. Nelle prossime settimane la procura chiederà il processo.

Il presunto killer di Pasquale Mangione non parla dinanzi al Gip

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Si è avvalso della facoltà di non rispondere Roberto Lampasona, 43enne arrestato negli scorsi giorni dalla Squadra Mobile di Agrigento perché considerato uno dei due esecutori dell’omicidio di Pasquale Mangione, avvenuto il 2 dicembre 2011 nelle campagne di Raffadali. A tirare in ballo Lampasona è Antonino Mangione, anche lui finito in carcere per aver organizzato l’omicidio, con alcune dichiarazioni poi riscontrate durante le indagini. Il terzo coinvolto è Angelo D’Antona, 35 anni di Raffadali, arrestato in Germania e per questo in attesa di estradizione. L’interrogatorio di garanzia si è svolto davanti il gip del Tribunale di Agrigento Luisa Turco.

Abuso di ufficio all’Agenzia delle entrate, chieste tre condanne in Appello

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Giornata calda fra Corte di appello e tribunale di Agrigento nei procedimenti nati dall’inchiesta “Duty free” che ipotizza un giro di tangenti all’Agenzia delle Entrate di Agrigento in cambio di favori e annullamenti di sanzioni tributarie. Nel troncone processuale di appello, che scaturisce dallo stralcio del rito abbreviato, in realtà, non si contesta alcun episodio di corruzione. Questo perché, in primo grado, il 28 novembre del 2017, il gup di Agrigento Giuseppe Miceli aveva deciso otto assoluzioni e tre condanne ma solo per l’accusa di abuso di ufficio: tutti scagionati, invece, dalle imputazioni più gravi di corruzione. L’unico episodio in discussione davanti alla Corte di appello riguarda un’ipotesi di abuso di ufficio per la quale, in primo grado, sono stati condannati l’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate di Agrigento, Pietro Pasquale Leto (un anno e quattro mesi), l’imprenditrice Maria Lombardo, 54 anni (8 mesi) e il funzionario dell’Agenzia Antonino Migliaccio (8 mesi).
La condanna per abuso di ufficio scaturisce dalla circostanza che Lombardo, titolare di un’attività di noleggio di auto a Lampedusa, avrebbe beneficiato di un illegittimo annullamento di una sanzione tributaria di oltre 200 mila euro. Il sostituto procuratore generale, questa mattina, ha chiesto la conferma delle tre condanne. Il 14 dicembre gli avvocati Alfonso Neri e Salvatore Pennica illustreranno le rispettive conclusioni.
Per altri dodici, intanto, il dibattimento – nel quale sono contestate pure ipotesi di corruzione – è entrato nel vivo nelle scorse udienze, davanti ai giudici della seconda sezione penale presieduta da Wilma Angela Mazzara, ma oggi c’è stato un rinvio per un problema di salute di uno degli imputati. Sotto accusa: Antonio Vetro, 50 anni, di Favara, consulente del lavoro; Vincenzo Tascarella, 66 anni, Giuseppe Cumbo, 67 anni, Giuseppe Castronovo, 60 anni, di Favara, Filippo Ciaravella, 67 anni, di Agrigento, Piera Callea, 54 anni, di Favara, Angelo Pagliarello, 62 anni, di Campobello; tutti funzionari dell’Agenzia; Salvatore La Porta, 45 anni, socio e amministratore della Metalmeccanica agrigentina; i medici Giovanni Crapanzano, 71 anni, di Favara, e Santo Pitruzzella, 69 anni, anche lui di Favara, accusati di avere rilasciato falsi certificati ad alcuni funzionari dell’Agenzia e i ristoratori favaresi Giuseppe Costanza, 35 anni e il padre Salvatore Costanza, 69 anni, accusati di avere rilasciato una falsa attestazione per dei rimborsi al funzionario Cumbo.

Immigrazione, donne gravide evacuate in mare dalla Open Arms, 10 uomini si gettano in mare, recuperati

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Due donne incinte, e il marito di una delle due, sono state evacuate – per esigenze sanitarie – dalla nave Open Arms che si trova a circa 6 miglia dalla costa di Porto Empedocle. Alla vista delle motovedette della Capitaneria di porto e della Guardia di finanza terminato, 10 migranti si sono gettati in mare tentando di raggiungere le vedette. Tutti i migranti sono stati recuperati e ricondotti sulla nave. Le due donne, dopo il trasbordo e un primo trasferimento alla tensostruttura di Porto Empedocle, sono state portate al pronto soccorso dell’ospedale di Agrigento per accertamenti sanitari. Sulla Open Arms ci sono 275 persone.

Coronavirus, altri 77 positivi in Sicilia

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Nelle ore in cui l’assessore alla Salute Ruggero Razza rassicura sulla tenuta del sistema sanitario della Regione, in Sicilia oggi si registrano altri 77 casi di contagio al Coronavirus su 4.327 tamponi processati (1,7% la percentuale di test positivi). E come ormai avviene da settimane è la provincia di Palermo quella dove si registrano più nuovi casi: oggi sono 37. Secondo il bollettino diramato dal ministero della Salute i ricoverati in ospedale ci sono cinque persone in più ricoverate rispetto a ieri (da 136 si è passati a 141) più i 17 pazienti gravi che si trovano in terapia intensiva (+1 rispetto a ieri). Curiosità: oggi non ci sono stati guariti. Così come altri decessi. Gli attuali positivi si avvicinano a quota 2 mila (1.919 per la precisione) e di questi 1.761 sono in isolamento domiciliare. Dopo Palermo resta Catania la provincia più colpita con 20 nuovi casi, quindi Agrigento (8), Trapani e Rag, usa (4) e infine Enna e Messina (2).