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“Cavallo di ritorno”, 24 misure cautelari

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A Palermo la Polizia ha scoperto e sgominato il business delle auto rubate e poi restituite con riscatto. Sarebbero stati affari fiorenti e redditizi. Anche 100 mezzi rubati al mese. E sul guadagno, il miele ricavato, si sarebbero poggiate anche le api della mafia, a testimonianza che Cosa nostra non è immune dalla recessione economica, e si aggrappa ad ogni occasione illecita di arricchimento. E in ragione dell’ interesse mafioso, non a caso l’ inchiesta è stata coordinata non solo dalla Procura di Palermo ma anche dalla Direzione distrettuale antimafia. L’ organizzazione criminale è stata impegnata nelle estorsioni dopo il furto o la ricettazione, soprattutto di veicoli commerciali, e secondo il metodo cosiddetto del “cavallo di ritorno”. All’alba di oggi oltre 200 poliziotti hanno eseguito 24 misure di custodia cautelare. La sezione criminalità organizzata della Squadra mobile ha indagato dal settembre 2015, ricostruendo la rete estorsiva e svelando l’ identità dei componenti, a ciascuno dei quali sarebbero state assegnate delle competenze. Dunque, tra ruoli e compiti vi sarebbero stati gli incaricati dei furti dei veicoli, che si sono organizzati nel territorio cittadino in squadre, tra gli esecutori materiali delle ruberie e i pali di controllo della zona. Poi altri si sarebbero adoperati per reperire e garantire luoghi sicuri dove custodire i mezzi rubati fino alla conclusione della trattativa con le vittime per la restituzione. E poi, ancora, gli intermediari sono stati a lavoro per contattare le stesse vittime, prospettandogli la possibilità di recuperare il mezzo ma a pagamento. I guadagni sarebbero stati ingenti, tra una media di 100 furti e 200mila euro di profitto al mese. Ed ecco perché non sarebbero sfuggiti all’attenzione delle famiglie mafiose cittadine.

Siti culturali e chiusura festiva

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E’ un problema che si ripropone in occasione delle festività natalizie o ferragostane. E adesso, forti delle esperienze precedenti, si è intenzionati a correre ai ripari prima che sia troppo tardi. In Sicilia i siti culturali e artistici rischiano di essere chiusi ai visitatori tra le feste di Natale e di Capodanno. Ebbene, già martedì prossimo, 20 dicembre, l’ assessore regionale al turismo Anthony Barbagallo, e il collega ai beni culturali, Carlo Vermiglio, incontreranno le associazioni delle guide turistiche. Infatti, i due esponenti del governo Crocetta intendono coinvolgere le guide per garantire l’apertura dei musei siciliani anche nelle festività. E lo stesso Barbagallo spiega : “Mi sono fatto promotore di questo incontro perché voglio offrire visite qualificate. Abbiamo raccolto la disponibilità delle associazioni delle guide, e, anziché usare i lavoratori socialmente utili, se c’è l’esigenza di garantire personale a Natale e Capodanno è meglio offrire l’assistenza di esperti”. A fronte del rischio chiusura, sono immuni da tale evenienza solo alcuni siti, tra cui la Valle dei Templi di Agrigento, il Teatro antico di Taormina e la Galleria d’arte moderna di Palermo. E nelle more dell’ incontro con le guide turistiche, il presidente della Regione, Rosario Crocetta, rilancia l’ alternativa di soluzione con i precari, e afferma : “Circa 1.500 lavoratori Asu (attività socialmente utili) saranno destinati ai beni culturali in Sicilia, ai parchi archeologici e naturalistici. Abbiamo tutti questi lavoratori, utilizziamoli”. E l’ amministratore unico della Sas, la Servizi ausiliari Sicilia, società partecipata dalla Regione, Sergio Tufano, annuncia : “La Sas garantisce anche il servizio di custodia nei musei, e abbiamo già dato la disponibilità a mobilitare i nostri uomini, incontrando i sindacati, e anticipando nove dodicesimi del salario accessorio di quest’anno. Possiamo mettere a disposizione da 300 a 350 dipendenti”. E nel frattempo l’ opposizione incalza, e il leader del centrodestra in Assemblea, Nello Musumeci, denuncia : “La scandalosa chiusura a Natale e Capodanno provoca un enorme danno di immagine verso gli stranieri presenti nell’Isola e un mancato introito per le casse della Regione”

10 giorni a Natale…

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Dieci giorni a Natale. Il polso degli agrigentini col carrello della spesa al microfono del Videogiornale. Prospettive e auspici.
Il 2016 è stato un anno difficile, ma recessione economica ed instabilità politica non dovrebbero oscurare il Natale, la ricorrenza per eccellenza di tutti gli italiani. Per fronteggiare la congiuntura negativa sui consumi, produttori e commercianti hanno rivisto al ribasso i prezzi dei prodotti natalizi. Sia per gli alimenti che per i regali, dunque, i consumatori potranno spendere di meno. Sicuramente quest’anno costerà di meno mangiare il panettone e allestire in casa l’albero di Natale, vero o sintetico che sia. A seconda delle marche, infatti, per il dolce tipico del Natale si spenderà fino al 2,3% in meno rispetto al 2015, stando ai dati Codacons. Tuttavia, c’è un settore che non risente della crisi. Per il pranzo e il cenone di Natale la stima della spesa degli italiani è di 2,8 miliardi di euro. Insomma, si può rinunciare, o meglio essere più attenti ai regali, ma non si può immaginare una rinuncia a tavola il 24 sera e il 25 dicembre a pranzo, oltre alle tavolate di Capodanno. E oggi, a 10 giorni dall’attesa festività, che prospettive vi sono? Il Natale lo si trascorrerà famiglia ? E quali sono gli auspici dei cittadini ? … interviste al Vg…

Gran explosión imaginativa

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m91fantastica_2-644x362Il boom dell’immaginazione

La letteratura spagnola ha una storia piena di lacune. Forse una delle ragioni è il suo presunto carattere “realista”, fissato, ahimé, da Menéndez Pidal. L’avversione e il sospetto permanente verso l’immaginazione, di derivazione ecclesiastica molto più antica di qualsiasi condanna illuministica, hanno avuto l’effetto di asfissiare la nostra letteratura, la quale, afflitta da una tradizione romanzesca povera e un romanticismo inesistente, non è mai riuscita a raggiungere davvero la modernità. Sembra, insomma, che il rifiuto dell’immaginazione non sia servito a produrre una letteratura spagnola “realista”, ma semplicemente a disseccare la letteratura spagnola tout court. Sembra, insomma, che il rifiuto dell’immaginazione non sia una tendenza estetica, bensì il rifiuto dell’estetica stessa.
L’esplosione della letteratura d’immaginazione in Spagna dagli anni ’90 è, senza dubbio, un segnale di salute e anche un sintomo di quanto sia reale il processo di “normalizzazione” che il nostro Paese sta attraversando, e che desideriamo caldamente non svanisca come un sogno. Gli antecedenti sono ovvi e ben conosciuti: La saga/fuga de J.B., di Gonzalo Torrente Ballester; il boom della letteratura d’immaginazione ispanoamericana da Borges in poi; esempi indiscussi, insigni e magistrali come José María Merino; e molti altri casi che sembrano sempre eccezioni, come gli ultimi racconti di Cristina Fernández Cubas, o il geniale Ígur Neblí di Miquel de Palol, il Gene Wolfe spagnolo, anche se non in spagnolo ma in catalano.

 

Spada e stregoneria

Tuttavia, l’esplosione a cui mi riferisco va oltre il realismo magico o il risaputo realismo “con elementi fantastici”, in base al quale una narrazione con un, diciamo, quindici per cento di magia è già considerata “magica”, come se la fantasia fosse un bacillo infettivo. Ha a che fare soprattutto con il boom della letteratura fantastica anglosassone a partire dagli anni ’60, con la pubblicazione (e specialmente con la riedizione nel 1966) de Il signore degli anelli di Tolkien, nonché con la conseguente comparsa della “fantasy eroica” o di “spada e stregoneria”. Un genere che molto spesso accompagna l’evoluzione, inarrestabile anche quella, della fantascienza, che si addentra nel territorio della letteratura “seria” o “artistica” e produce le opere monumentali e inclassificabili di Thomas R. Pynchon, Gene Wolfe, John Crowley, Ursula K. Le Guin o, più recentemente, David Mitchell (Cloud Atlas. L’atlante delle nuvole, Frassinelli editrice), un autore che, giustamente, sarebbe impensabile in Spagna: è fantastico, è un genio della lingua ed è un successo di vendite.

È negli anni novanta che si comincia, per esempio, a sentire il nome di Javier Negrete, un autore di formazione classica che possiede una grandiosa immaginazione, capace di raccontare storie piene di interstizi e di sottigliezze, riflessioni intorno alla Storia, alla religione, alla cultura e alla condizione umana. La espada de fuego è forse la più conosciuta delle sue opere, insieme all’inizio della saga di Tramorea, in corso di svolgimento. Sorgono, o si consacrano, anche Pilar Pedraza, una sorta di Angela Carter spagnola; José Carlos Somoza, sempre originale e notevole; Elia Barceló, autrice con echi di Ursula K. Le Guin; Rafael Marín, il primo grande nome della fantascienza in Spagna; o Eduardo Vaquerizo che ha coltivato la fantascienza, il fantasy e il fantasy storico in Danza de tinieblas.

 

Fase supernova

Ma il fenomeno comparso nei felici anni novanta non declina con il nuovo secolo, anzi entra in fase supernova. Gli scrittori di horror, per esempio, si uniscono nel gruppo NOCTE, a cui appartengono autori già di culto, come David Jasso (Abismos), Ismael Martínez Biurrun (Rojo alma, negro sombra) o Emilio Bueso (Diástole). Gli appassionati della letteratura di zombi, dal canto loro, si stringono intorno alla “Línea Z” dell’editrice Dolmen, in cui possiamo leggere, per esempio, l’esilarante Quijote Z di Házael González, il cui cavaliere dalla triste figura si propone di ripulire la Spagna non dai giganti e dai cavalieri felloni, bensì dagli zombi.

Molte di queste opere presentano una marcata vena realista, di costume o anche scarnamente naturalista. È il caso di Fine (Guanda editrice), di David Monteagudo, i cui personaggi mangiatori di salsicce sono, in verità, molto lontani dagli elfi. Molti altri titoli sono dichiaratamente commerciali, come quelli di Carlos Ruis Zafón, Javier Sierra, Rafael Ábalos o Félix J. Palma, recentemente consacrato con La mappa del tempo (Castelvecchi editrice). Varie opere sono scritte da autori, alcuni di loro molto giovani, la cui conoscenza della letteratura sembra sommaria. Sono libri che abbondano di dialoghi, punti esclamativi, puntini di sospensione e punti e a capo. Qualsiasi lettore con esperienza li riconoscerà all’istante.

Forse a causa del successo dei libri di Laura Gallego, soprattutto della serie di Idhún (Fabbri editrice), molti di questi nomi si sono votati alla letteratura giovanile, anche se dobbiamo tenere in conto che scrittori come David Lozano (autore dei romanzi della serie La porta oscura, Salani editrice) rivendicano che i loro lettori siano giovani “dai quindici ai trent’anni”. Il che ci situa nel fenomeno del crossover, quello dei libri che possono essere letti tanto dagli adolescenti come dagli adulti, e la cui definizione di genere di solito viene decisa dallo stile della copertina: guerriere in bassorilievo, giovanile; foto in bianco e nero, per adulti.

 

Una delle migliori

All’interno del genere fantasy troviamo ogni sorta di libri, da opere molto interessanti a prodotti fabbricati e impacchettati in serie. Lunghe saghe, come La hora del diablo, di Antonio Martín Morales, o L’esercito nero, di Santiago García Clariac (Fabbri editrice), che intreccia il presente e il Medioevo, e opere ammirevoli come La guerra delle streghe, di Maite Carranza (Tea editrice), saga di stregoneria di tradizione celtica, che sarebbe ancora migliore se non cercasse così strenuamente di ingraziarsi il lettore adolescente.

Ma il capolavoro in questo campo è un romanzo di recente apparizione: Loba, della messicana Verónica Murguía*, vincitrice del Premio Gran Angular di letteratura giovanile. Non un libro specificamente per ragazzi, ma soprattutto e innanzitutto uno dei migliori romanzi in lingua spagnola degli ultimi anni. La copertina con draghi e unicorni sarà un ostacolo per il lettore affetto da pregiudizi che non scende al di sotto di Rilke e di Yeats, ma la verità è che questo libro è paragonabile solo ad opere dell’intensità dei racconti de La rosa segreta, di Yeats, o della finezza di prosa del Canto d’amore e morte dell’alfiere Christoph Rilke. Meraviglia il pensare che questa scrittrice del Nuovo Mondo sia a malapena stata in Europa. Non conosco altra realtà che la realtà di essere vivo in un libro le cui parole non riesco ad ascoltare senza un brivido. Non c’è altra magia nella letteratura se non la creazione di realtà.

Analisi della domanda e dell’offerta

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Bene, abbiamo visto un po più in dettaglio il mercato del lavoro; ora analizziamo l’analisi della domanda e dell’offerta. La decisione di assumere o licenziare lavoratori dipende anche dai costi che si devono sostenere e dai ricavi che si possono ottenere.
In particolare, possiamo ipotizzare che chi compie questa scelta, spinga il livello della stessa (cioè della domanda di lavoro) sino al punto in cui il suo costo marginale è uguale  al suo beneficio, o ricavo, marginale.
Il discorso più tradizionale che l’economia sa fare al proposito non è per nulla complesso, perché si considera una situazione semplificata  in cui l’impresa può scegliere liberamente quanto lavoro assumere ogni volta che debba decidere la quantità da produrre.
Tuttavia, la scelta di assumere un lavoratore può dare luogo a conseguenze incerte, per esempio perché l’impresa non conosce  perfettamente le capacità del lavoratore. Infatti, non tutti i lavoratori offrono lo stesso tipo di lavoro, per cui può darsi che, il salario  orario influenzi non solo i costi ma anche i ricavi dell’impresa.
Analogamente  a ciò che accade per ogni altro fattore di produzione, l’impresa domanderà la quantità di lavoro che assicura l’eguaglianza fra il salario pagato all’ultimo lavoratore e il valore del prodotto aggiuntivo da questi permesso, ovvero   l’eguaglianza fra prezzo del fattore produttivo e valore del suo prodotto marginale.
La domanda  di lavoro altro non è che  l’insieme dei punti che, al variare  dell’occupazione, garantiscono che salario e produttività siano uguali. Dato che  per ipotesi la produttività del lavoro è decrescente (postulato dei rendimenti decrescenti), la domanda di lavoro è inclinata   negativamente.
Nella figura che vediamo  proiettata   è descritta la funzione di domanda di lavoro secondo la teoria neoclassica di una impresa. Essa risulta essere decrescente in virtù dell’ipotesi di produttività marginale del lavoro, indicata nella figura come PML, decrescente: dato il livello del capitale investito e della tecnologia, ogni unità aggiuntiva di lavoro impiegata nella produzione avrà una produttività positiva, ma decrescente.
La scelta ottimale  da parte dell’impresa sarà quella di assumere lavoratori fino a quando la PML eguaglia  il salario  reale. Di conseguenza  tanto è maggiore  il livello del salario reale,  tanto minore sarà il lavoro domandato. Il livello di capitale installato nell’impresa e la tecnologia da essa adottata influenzano, invece, la posizione della curva di domanda di lavoro.
Se infatti  aumenta la  quantità di capitale installato, ciascuna unità di lavoro ha a sua disposizione una  maggiore quantità di capitale e risulta dunque essere più produttiva. Per ogni livello del salario reale viene dunque richiesta una maggiore  quantità di lavoro; ciò viene descritto graficamente con uno spostamento della curva di domanda di lavoro verso  l’alto.
Analogamente un miglioramento della tecnologia adottata dall’impresa aumenta il livello della PML determinando, anche in questo caso, uno spostamento verso l’alto della curva di domanda

Inaugurazione “Buona Scuola”

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L’ intervento del dirigente dell’ Ufficio Quinto dell’ Ambito territoriale scolastico ad Agrigento. Il parere sulla buona scuola. L’ inaugurazione dell’ anno al Cpia.

Finanze, i bluff della Regione

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Rivelazioni scioccanti dell’ ex Commissario dello Stato. Da 7 anni alla Regione previsioni di entrate gonfiate. Gli interventi di Aronica e Mammano. E Baccei pronto a bloccare la spesa. L’ assessore regionale all’ Economia, Alessandro Baccei, intervenendo in occasione dell’ approvazione della manovra di assestamento del bilancio, ha appena annunciato all’ Assemblea regionale che è molto probabile che nel mese di novembre sarà bloccata la spesa della Regione almeno fino alla conclusione del 2015. Baccei rivendica di essere stato il primo a denunciare le entrate gonfiate che sono inferiori alle previsioni, e poi che “lui non è siciliano, in Sicilia non conosce nessuno”, “e – citando testualmente le sue parole – non assumo impegni se so di non poterli mantenere”. In verità, prima dell’ assessore Baccei, 7 anni addietro le stesse denunce sono state lanciate dal Commissario dello Stato, adesso cancellato forse perché troppo scomodo anche se nulla è cambiato perché adesso è il governo nazionale che impugna direttamente le leggi della Sicilia, come già accaduto per le riforme di appalti e province. Lei, Esther Mammano, capo di gabinetto dell’ufficio del commissario dello Stato, che fino a dieci mesi addietro ha svolto il controllo preventivo delle leggi approvate dall’Assemblea regionale siciliana, ricorda : “Nel 2008 abbiamo messo in guardia la Regione sui conti, sostenendo che bisognava intervenire sulla struttura della spesa, perché la Regione spendeva più di quanto incassava con le entrate, e lo faceva con artefici contabili. C’è voluto del tempo perché si acquisisse la consapevolezza che bisogna equilibrare il bilancio. L’allora governo Lombardo, con l’assessore Armao, finanziava misure sull’Irap utilizzando il fondo per il riequilibrio dei residui attivi, che sono crediti non esigibili o difficilmente esigibili. Lo stesso fondo fu istituito dall’ex assessore al Bilancio Franco Piro, e poi nel tempo è stato svuotato, aggravando la situazione finanziaria della Regione. Dunque, segnalammo la questione con una impugnativa, e la Corte dei Conti accese i fari sulla massa di residui attivi, che raggiunse l’esorbitante somma di circa 15 miliardi di euro, drogando il bilancio per anni”. E il prefetto Carmelo Aronica, già Commissario dello Stato, rincara la dose : “Nella politica non c’era la consapevolezza della grave situazione finanziaria della Regione Sicilia. Ogniqualvolta ci trovavamo di fronte a una norma di spesa ponevamo sempre la stessa domanda al ragioniere generale di turno della Regione: quanti soldi avete in cassa ? E la cassa era quasi sempre in rosso. So bene che facevo da parafulmine per qualcuno” – sottolinea Aronica, riferendosi alle tante leggi approvate all’ Assemblea regionale nonostante i deputati sapessero della mancanza della copertura finanziaria e che la norma sarebbe stata poi impugnata dal Commissario dello Stato.

“La Sicilia delle donne”

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Ad Agrigento, a Casa Sanfilippo, Agàpe e Aidda presentano il libro “La Sicilia delle donne”, di Zanda e Lo Jacono. Le interviste al Videogiornale.

Agrigento e sviluppo, briefing al Palazzo Filippini, interviste al Vg

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Il Palazzo Filippini ad Agrigento

Ad Agrigento, al Palazzo Filippini, l’ Amministrazione comunale di Agrigento è stata impegnata nella riunione preparatoria del Tavolo partenariale Pubblico-Privato per lo sviluppo economico e sociale del territorio agrigentino. Le immagini e le interviste sono in onda oggi, sabato 26 settembre, al Videogiornale di Teleacras.

Ad Agrigento “La Sicilia delle donne”, interviste al Vg

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Ad Agrigento, oggi, sabato 26 settembre, a Casa Sanfilippo, sede del Parco della Valle dei Templi, dalle ore 16 in poi, il Circolo Agàpe di Agrigento, presieduto dall’ avvocatessa e consigliere comunale, Angela Galvano, e l’ Aidda, l’ Associazione Donne imprenditrici e Donne Dirigenti d’Azienda, presentano il libro “ La Sicilia delle donne”, in presenza degli autori del libro : Vittorio Lo Jacono e Carmen Zanda. Le interviste di lancio all’ imprenditrice Mariella Randazzo, alla presidente Aidda e fondatrice, Gabriella Renier Filippone, e alla presidente Aidda Sicilia e imprenditrice, Giovanna Nicotra, sono in onda oggi, sabato 26 settembre, al Videogiornale di Teleacras.